Le Saline farnesiane di Salsominore

Un edificio industriale imponente e inusuale è quello delle Saline farnesiane di Salsominore, unico impianto seicentesco rimasto, in un più vasto sistema di luoghi produttivi, che all’epoca della dominazione dei Farnese si componeva di almeno tre fabbriche: quella di Salsominore, un’altra, lungo la strada per Tabiano in località Centopozzi, e la più grande nel centro di Salsomaggiore dove sorge Il Regio Istituto di Chimica presso le Terme Berzieri. La storia del territorio è strettamente legata a quella delle Saline, poiché le attività di estrazione delle acque, il loro impiego dapprima per ricavare il sale e in seguito per il termalismo, incidono profondamente sulle trasformazioni del paesaggio nel corso del tempo. I depositi fossili di acqua salsobromoiodica intrappolati sottoterra, sono il lascito delle acque marine che in remote ere geologiche hanno occupato e trasformato questa parte di pianura padana. Le cronache datano i primi utilizzi delle acque “salse”, all’età del ferro, collegandole a tracce di insediamenti celti, liguri e romani che, lungo la via tra Salsomaggiore e Fidenza iniziano ad estrarre acqua per ricavare sale, alimento preziosissimo per la conservazione dei cibi. La maggior parte degli antichi pozzi è tuttavia distrutta in seguito a un terremoto e inondazioni che colpiscono il territorio nel 589. Dopo circa due secoli molti pozzi vengono riscoperti e rimessi in uso. È lo stesso Carlo Magno, nell’801, a organizzare l’attività estrattiva e, secondo la leggenda, ad assegnare ai principali villaggi del sale, i nomi di Salsominore e Salsomaggiore. Dall’anno Mille il sale diviene una delle maggiori fonti di ricchezza dello stato feudale dei Pallavicino, che qui costruisce rocche e castelli destinati a controllare l’attività di estrazione dell’acqua, sia l’attività di silvicoltura, necessaria a disporre del legname da ardere per il procedimento produttivo del sale. La dominazione dei Pallavicino organizza in modo stabile gli equilibri e le ricchezze del territorio grazie ai proventi del commercio del sale, insediando una rete di vie, punti di controllo e di scambio, intorno al Castello di Scipione. Alla successiva dominazione Farnese si deve invece una concezione proto-industriale dell’attività produttiva, con la costruzione delle Saline e con immagini che testimoniano invenzioni piuttosto curiose: ad esempio un pozzo dotato di una enorme ruota per l’estrazione dell’acqua, che veniva azionata da ergastolani. Nelle Saline farnesiane il sale era ricavato per evaporazione: l’acqua veniva posta in bacili di ferro sotto i quali si bruciava il legname proveniente dai boschi intorno, secondo un piano molto complesso di piantumazioni e tagli. Le strutture si componevano di edifici destinati all’evaporazione, depositi, residenze degli addetti e dei limitrofi pozzi. Questo sistema produttivo viene dismesso solo nella prima metà del XIX secolo, quando il territorio si riconverte alle coltivazioni agricole. Ancora oggi dall’acqua salsobromoiodica si ricava il sale per uso alimentare: le tecniche di estrazione derivano dall’industria chimica che si è sviluppata all’inizio del XX secolo.

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